mercoledì 27 febbraio 2013

Un mostro a Parigi. Film



Mentre l'Italia fa i conti con gli scranni di Camera, Senato e alcune Regioni, io preferisco parlare di uno degli ottimi film proposti ai miei bambini, proiettati in un piccolo cinema in 2D con ingresso a 4 euro che - se non sostenuto - rischia ogni anno la chiusura.

Oggi è la volta di Un mostro a Parigi, film finanziato dal regista francese Luc Besson che si è già divertito a produrre "Arthur la guerra dei due mondi". 

Mettete un'atmosfera da Ville Lumiére, un vago richiamo al Fantasma dell'Opera e a quella storia  - forse più d'una - in cui la Bella s'innamora della Bestia. Aggiungete una condidatura all'Oscar nella categoria film d'animazione e quel non so che francese.
Tutto questo è Un mostro a Parigi.


Due simpatici pasticcioni Emilie e Raoul - il primo proiezionista, l'altro fattorino e inventore in pectore - si trovano a dover consegnare un pacco nel giardino botanico dove un eccentrico scienziato si diletta in pozioni magiche con l'aiuto della scimmietta Charles.
I due, attratti dalla magia del luogo (e chi non lo sarebbe?) innescano una reazione involontaria tra un fertilizzante e una miscela in grado di agire sulle corde vocali dando vita ad una mostruosa creatura: una pulce con una voce celestiale.


La pulce - il Mostro - da ospite del pelo della scimmietta Charles si ritrova a vagare per Parigi e a seminare il panico. Terrorizzata si rifugia dietro le quinte del Club L'Oiseau Rare dove si esibisce la bellissima  e sensibile Lucille.

Un film comico pensato principalmente per i bambini: mai una battuta fuori posto, termini inadatti o con doppi sensi ma capace di far sorridere anche gli adulti.


Tema centrale del film è la diversità e interessante è la scelta del regista di presentare i due punti di vista: quello di chi si spaventa incontrando il Mostro e la fragilità del Mostro stesso, a sua volta impaurito i in difficoltà a relazionarsi con gli altri.

I protagonisti riusciranno a trovare l’amore, l’amicizia e a scoprire che non è poi così mostro chi si presenta sotto quelle sembianze.

Il regista Bibo Bergeron racconta "Il mio desiderio era quello di raccontare il tema della paura dello straniero, qui incarnato da un mostro.  Per conferirgli umanità [n.d.r al mostro] ho scelto un volto a forma di un cuore, in modo da rendere il mostro più romantico".

 
L'oscar per il miglior film d'animazione è stato attribuito a Ribelle, senza dubbio bello  ma senza quell'aura di poesia di questo film che - a dispetto delle candidature - non ha vinto nulla.
Peccato. D'altra parte non sempre chi vince è il migliore.


sabato 23 febbraio 2013

Avete due giorni. Votate, gente, votate.

Non fate gli struzzi e non dite "tanto non cambia niente" perchè ogni nostro gesto - dalla spesa quotidiana al diritto di voto - hanno un significato che non possa inosservato.
 
Io passerò tre giorni da scrutinatrice ene vado fiera.

 
L'ANALFABETA POLITICO
Bertolt Brecht

Il peggiore analfabeta

è l’analfabeta politico.

Egli non sente, non parla,

nè si interesa degli avvenimenti politici.



Egli non sa che il costo della vita,

il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina,

dell’affitto, delle scarpe e delle medicine

dipendono dalle decisioni politiche.



L’analfabeta politico è così somaro

che si vanta e si gonfia il petto

dicendo che odia la politica.



Non sa l’imbecille che dalla sua

ignoranza politica nasce la prostituta,

il bambino abbandonato,

l’assaltante, il peggiore di tutti i banditi,

che è il politico imbroglione,

il mafioso corrotto,

il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali.

venerdì 22 febbraio 2013

Henry James/Andrea Vitali

Cosa c'entrano questi due autori? il primo nato a New York nel 1843, l'altro a Bellano nel 1956. L'immensa produzione del primo trae ispirazione dai numerosi viaggi e dalle frequentazioni intellettuali tra l'Europa e l'America, l'altro ambienta i romanzi sulle sponde del suo lago e racconta di essersi talvolta rifatto alle storie ascoltate nell'ambulatorio dove è medico di famiglia.

Eppure tutti e due hanno scritto un racconto gotico, seppur da angolature diverse.

Romanzi in cui prevale l'atmosfera da ghost story, che non ti lasciano prendere sonno subito e ti fanno sentire "una presenza", romanzi in cui non c'è colpo di scena o terrore conclamato ma una strana sensazione..............

Henry James con il noto  Giro di vite, Andrea Vitali con Pianoforte vendesi.



Gito di vite è un capolavoro di suspence psicologica fin dal prologo, dove l'autore racconta di un gruppo di persone intorno al camino intente a raccontarsi storie di fantasmi e lascia dire ad uno di loro "l'essere apparso [il fantasma] prima al bambino d'un'età così tenera, aggiunge alla vicenda un fascino particolare. [.....] che ne direste di due bambini?". I protagonisti di Giro di Vite sono effettivamente due bambini, l'Io narrante è una giovane governante  ma la storia che si dipana è un continuo e confusivo cambio di scena così come i personaggi sono mutevoli, ritratti ora come consapevoli e ingannatori ora come ignari e stupiti spettatori. James sembra  voler accompagnare il lettore nel dedalo delle sensazioni e offrirgli un punto di vista poi, quasi per gioco e qualche riga più in là, si intravede un'altra prospettiva e la storia sembra mutare. Una cosa è certa: quando chiudi il libro ne sei immancabilmente e inesorabilmente affascinato.

Pianoforte vendesi si svolge su un piano diverso, leggermente ironico e un po' fiabesco.
Il protagonista è un ladro di professione - più noto come Il Pianista, per via delle sue mani affusolate adatte allo scopo - e ha scelto di trascorrere la serata per fare affari in un paese in festa.
Le cose non vanno per il verso sperato: piove e il Pianista si ripara in un appartamento disabitato attratto da un cartello affisso sul vecchio portone "Pianoforte vendesi". Dentro lo scenario cambia. L'appartamento non è disabitato, ne' abbandonato e le dita inconsapevoli del protagonista suonano valzer e mazurca, tra luce e penombra, silenzio di tomba e una presenza reale o così sembra.
Rocambolesca e assurda sarà la ricerca di una spiegazione del maresciallo. Alla fine una spiegazione non si trova, ma in questa storia, a differenza della precedente - il Bene prevale.


Questo post partecipa all'iniziativa di Paola  il VdL!

martedì 19 febbraio 2013

Andrea Rivola. Illustratore per l'infanzia.

Con un quasi novenne in casa trovo necessario cominciare ad affacciarmi alle letture per giovani adolescenti  ma ho l'alibi del fratello più piccolo per poter riempire la casa con libri illustrati  e sentirmi così giustificata a sfogare la recente passione per l'illustrazione!

Andrea Rivola soddisfa tutti e due i bisogni: letture per l'infanzia e per pre ado.

Dopo il primo libro letto, ho ritrovato il tratto in altre sue illustrazioni e ne ho apprezzato la tecnica:  figure plastiche, sembra quasi di poterle  toccare, quasi tridimensionali. Ho continuato a cercare Andrea Rivola in altri libri e con case editrici trasversali (ha lavorato con Fatatrac, Sinnon, Lineadaria, Coccole Books, laNuovafrontierajunior), saccheggiando la biblioteca per avere davanti molti dei suoi disegni:
Botero, ecco chi mi ricordava! e poi ho avuto l'impressione di ritrovarci un tocco da disegnatore di film:
se sfogliavo velocemente le illustrazioni sembravano un film animato.

Tra gli altri, Come un pesce nel Diluvio  di Mia Leconte - libro a cui dedicherò un post a sè perchè pare scritto guardando alla nostra e attuale classe dirigente, politica e a tutti quelli che ci ruotano attorno -  autrice con la quale Rivola si cimenta anche in  L'altracittà, un cartonato nell'inusuale formato orizzontale che ci invita a guardare oltre e a conoscere la realtà intorno a noi, sempre in corsa e miopi. Più che un libro un cortometraggio. Non aggiungo nulla perchè ne ho trovato una  perfetta recensione qui.



Mi è piaciuto molto anche Il calzino bucato  di Sandra Dema (Lineadaria): la vicenda raccontata dal calzino protagonista, salvato in extremis dalla creatività di una nonna tuttofare.





I suoi sono personaggi ripresi dalla realtà ma resi irreali, dalle forme tondeggianti e con volti espressivi e i colori usati, non sono meravigliosi?





Qualche domanda alla fine l'ho fatta (non potevo esimermi....) e Andrea Rivola ha avuto la gentilezza di ascoltarmi:



 Domanda banale ma da mamma (abbi pazienza). Quando hai capito di amare il disegno?
Mi riferiscono fonti affidabili che sin da piccolo-piccolo amassi scarabocchiare ovunque... crescendo ho preso coscienza dell'amore per il disegno e capito che era cosa giusta sbizzarrirsi sulla carta dell'album anziché quella da parati!  

Domandra come sopra. Ti hanno aiutato i primi anni di scuola o "ti sfogavi" a  casa?
Sicuramente la scuola mi ha aiutato e stimolato ma gli "sfoghi" a casa sono sempre i migliori!


Se dovessi optare per un altro lavoro, quale sceglieresti?
Oltre che illustratore sono un piccolo vignaiuolo/cantiniere... magari mi dedicherei all'illustrazione delle etichette!


Ti hanno mai proposto di disegnare per il cinema? 
Per il cinema vero e proprio no, ma da qualche tempo collaboro con una casa editrice coreana per la realizzazione di un cartone animato di cui curo il design dei personaggi e dell'ambientazione

Esiste un libro ilustrato che avresti voluto curare tu?
Amo alla follia il testo di "Gargantua e Pantagruele" di Rabelais. Gustave Doré illustrò le tavole di una sua edizione: sono magnifiche. Ritengo che il connubio fra testo e immagini in questo caso sia sublime. Un modello insuperabile a cui tendere!


La passione con l'illustrazione prosegue qui.

 

lunedì 18 febbraio 2013

Gigi Baruffa: estrazione avvenuta!

Chiuso il give away che preferisco chiamare boobkcrossing, è arrivato il momento dell'estrazione.
In diretta i momenti salienti......






Grazia di ToWriteDown il libro inizia il viaggio con te. Mandami via mail il tuo indirizzo e volerà da te!

Confesso che mi sono divertita e ho già occhieggiato alla libreria per un altro viaggio ;)

sabato 16 febbraio 2013

Carnevale, ma sì!

Semel in anno licet insanire (Una volta all’anno è lecito impazzire).

Detto di vecchia memoria, ma valido in quelle occasioni in cui si puo' eccedere, anche se si tratta di cose di poco conto. 
Per me eccedere puo' significare un ballo liberatorio, un cibo squisito, fregarsene dell'orologio, ridere per niente, una giornata in pigiama (mai più da una vita) oppure vestirsi con qualcosa di molto colorato.

Banale? forse, ma liberatorio.

I bambini amano il carnevale, ma io non ricordo di travestimenti o festeggiamenti particolari, non ho mai avuto - ne' forse desiderato - gli abiti da principessa o fatina ma un po' di trucco e una parrucca con i capelli lunghissimi me li ricordo. Ricordo qualche festa da adolescente o poco più, quella probabilmente era l'occasione buona per (tra)vestirsi, senza rischio di giudizio!



I miei figli, invece, non passano anno senza cambiare d'abito, rigorosamente hand-made, riciclato, prestato. Anche quest'anno non abbiamo fatto eccezione: due pirati in piena regola pronti in mezza giornata.
Due paia di jeans malandati da tagliare e su cui dipingere dei teschi, una bandana (tagliando a metà - in due perfetti triangoli -  un foulard della nonna, tanto ne ha molti ;) ), una fascia in vita con due sciarpe orribili che speravo di perdere lungo il cammino per star dietro ai carri, due bande per gli occhi e due gilet cuciti dalla nonna (la stessa a cui abbiamo tagliato il foulard...). e del trucco nero, l'unico colore che ho a dire il vero. 
Naturalmente una borsa piena di coriandoli, trombette e stelle filanti di carta, non ho voluto quelle spray per ovvi motivi ma i miei figli erano in netta minoranza e affascinati dalle bombolette. Per quest'anno è andata. 

Non mi sono fatta mancare neanchio un piccolo travestimento e ispirata da Zelda as a writer - chissenefrega, me ne sono uscita cosi'  





mercoledì 13 febbraio 2013

La neve ci ha fermati

Un giorno sospeso. Scuole chiuse, lavoro abdicato e fuori solo bianco e silenzio.

Nessuno ci mette fretta, ci reclama, ci obbliga.

Noi non abbiamo fatto niente, se questo è niente






domenica 10 febbraio 2013

Era l'ultimo mestolo


Come dire no ad una richiesta così semplice : "mi dai quel mestolo che lo trasformo nella mia bambolina"? e pur vero che è l'ultimo mestolo in legno, com'è vero che di bambole la belvettan2 ne ha.

L'esperienza m'insegna, pero', che queste bamboline hand made assumono un tale significato da distrarlo per parecchio tempo.

Percio' regalo l'ultimo mestolo, presto un pennarello nero indeledile, colla e qualche filo di lana (rosso e lungo, per i capelli).

La signorina Fragolina dolcecuore è presto realizzata ma il suo ideatore reclama qualcosa per coprirla: "mamma prendi i tuoi aghi e falle un vestito tutto attaccato (attillato, scopriro' poi)".

Il pomeriggio, con la stessa lana rossa, ho preparato un elegantissima longuette dritto e rovescio per qualche riga e poi tutto dritto sino al collo perchè fosse un po' più ampia.


Io pensavo fosse un abito da sera, per la belvetta è risultato un perfetto pigiama perchè non era tutto attaccato, ma il risultato è piaciuto.




Con la promessa di sferruzzare nuovamente, possibilmente con un altro colore e per un vestito da sera - percio' mi concentrerò su una maglia rasata - Fragolina potrà farmi compagnia in cucina.

Nel frattempo ho tirato fuori dai cassetti un mestolo "vero" in inox, un regalo di qualche tempo fa  che tenevo lì per quando l'animo da cuoca affiorasse. Non è affiorato ma l'occasione è comunque buona!



martedì 5 febbraio 2013

No D., le bugie no.


D. è la ragazza che è in affido da noi, un affido part-time ma molto intenso. Per vari motivi: un'adolescente, senza padre (esiste ma non c'è mai stato, tutto qui), mamma assente e sprovveduta (anche con se stessa), ospite della nonna nella  pseudo famiglia dei suoi due fratelli (da parte di madre).

In molti si sono stufati di lei, un caratteraccio anche se la situazione intenerisce ed è molto carina e educata.

Mente. Non so quanto sia cosciente di mentire, tanto è un atteggiamento consolidato: le hanno insegnato a dire quel che occorre dire, a falsare la realtà con un sorriso disarmante. Raccontare ai Servizi Sociali quello che vogliono sentire, dichiarare ai Carabinieri una parziale verità, non presentarsi in classe e non dire assolutamente perchè.

Fin dall'inizio (più di tre anni fa) ho mal sopportato questo atteggiamento. Odio le bugie. Mi fanno odiare le persone.
Putroppo una mamma affidataria non puo' odiare un'adolescente già compromessa e allora ho represso e, con le buone, le ho fatto capire che non porta a nulla.

Inutile favoleggiarmi la vita di tua mamma o immaginare un padre ricco che prima o poi ti viene a salvare altrimenti non saresti qua con tutti i tuoi casini nel trolley (che non avevi neppure, ti ho regalato il mio); inutile farmi credere facevi una vita interessante ed eri una brava studentessa prima di venire qua, che ci fai qua, allora?

Con le buone ha capito. A 14 anni è meglio saperlo, dopo è tardi.


Nell'errore ci cadi ancora, però: stare in convitto 5 giorni su  5, certa che il patrigno non controllava i voti (on line) ne' verificava le circolari (on line), sapendo dell'assenza per maternità della tua assistente sociale, ti assentavi spesso, non studiavi e non partecipavi ai recuperi pomeridiani. Proprio niente no, in realtà frequentavi un gruppo di sfaccendati e soggiornavi all'ultimo banco.

L'ho scoperto io, un'autorizzazione speciale dei Servizi (te lo ricordi bene, vero?), una chiaccherata con i tuoi insegnanti e voilà la verità.
 Quest'estate ti ho messa alle strette: propongo un cambio di scuola, nego cellulare nuovo e palestra e anticipo ai Servizi Sociali la seconda bocciatura.

Nel frattempo D. sfuggi e ti lasci convincere dalla famiglia a trovarti un lavoro. Io controbatto che a 16 anni, di questi tempi - puoi fare ben poco.
Braccio di ferro senza requie.
Una lotta impari perchè non è uno scontro con una ragazza alle prese con i fumi dell'adolescenza ma è una lotta con uno stile di vita respirato in famiglia.
Una famiglia "in carico" ai Servizi Sociali i quali hanno messo la pezza a tutto: ai problemi economici, alle difficoltà scolatiche,  cercando educatori che aiutassero e una famiglia affidataria che le regalasse affetto e presenza.

E' un'impresa spiegare a D. che non si vive di pezze e non è vero che i Servizi Sociali devono aiutarti. Tu sei l'artefice della tua vita.

Se vivi così la vita - prima o poi - ti presenta il conto.

Il primo conto è la scuola superiore: i tuoi professori ti hanno trattata al pari dei tuoi compagni e non hanno ritenuto la promozione un diritto causa disgrazia personale. Non te lo aspettavi, vero?

Scegli la strada apparentemente più facile e cerchi di allontanarti da noi.

Riferisci - con la complicità della nonna - ai Servizi Sociali, loro prendono atto e ritengono l'affido terminato perchè sei grande e puoi decidere della tua vita, te l'ho detto.

Peccato si dimentichino di comunicarcelo e noi continuiamo  il braccio di ferro con estenutanti telefonate.

A  settembre i Servizi ti rimandano a scuola, una nuova scuola, senza cellulare nuovo, senza palestra (hai visto?)

Lo sai, io non sopporto le menzogne, non risparmio rabbia ai Servizi Sociali per esserci dimenticati di noi e neppure a te.

Mi dispiace ma se volevi scappare da noi per non affrontare le tue responsabilità,  dovei dircelo, non giocare alle tre carte (noi, i Servizi e la nonna).

Ora sei dispiaciuta,  ma io non posso fartela passare liscia. Non  è educativo e il mio compito è insegnarti a vivere.


Ho diritto di lasciare spazio alla mia rabbia dopo mesi di tensione e di fatica. Ho diritto di dire io basta e lasciarti andare.
Lo faccio con la certezza che hai capito e che potrò osservarti da lontano.


domenica 3 febbraio 2013

Dialoghi surreali. Diventare uomo.

Piazzale della scuola.
Passeggiata per raggiungere l'auto.
La belvettanumero1 è particolarmente seria.
- Mamma, io ho capito quando si diventa uomini.
- In che senso?
- nel senso che so quando un bambino diventa un uomo.
- ????
- intanto devono crescere  i denti (n.d.r. ne ha persi 4 in un paio di mesi, tutti davanti, al momento è   ufficialmente sdentato) poi si cominciano a fare i rutti.
- Ma cosa c'entrano i rutti con essere uomo?
- (occhi al cielo, della serie questa un'altra volta non capisce. Sì perchè ultimamente sembra che io spesso non conosca come va il mondo, mentre lui.......) mamma, si sa, tutti gli uomini, i maschi, fanno i rutti. Quindi se sei un uomo devi fare i rutti. Capito?

Specifico che questa convinzione non deriva da un sistema educativo familiare ne' da cattivo esempio, è che  il bambino sta studiando e si sta appassionando alla storia dell'Uomo Primitivo. Quindi fa confusione, tutto qui.

Il solito bicchiere mezzo pieno, direi.

venerdì 1 febbraio 2013

L'identità con un libro della ZOOLIBRI. Mamma chi sono io?

Per il VdL di questa settimana ancora un libro per l'infanzia. Un libro apparentemente semplice: tanti colori e poche parole. Invece nascode - ma neanche troppo - pensieri profondi.
 
Ho osservato come per i bambini più piccoli sia importante essere riconosciuti con il proprio nome e come si lasciano incantare dalla propria immagine riflessa nello specchio. Nell’immaginario comune non ricordare un nome può voler dire ‘non ti conosco, non so chi sei’ e la faccenda – vista da questo punto di vista – può essere molto seria per un bambino e rintrare nel concetto d' identità; i più grandicelli, poi, cominciano con i pensieri "filosofici": da dove vengo? cosa mi aspetta dopo?, mamma e papà ci saranno quando diventerò grande? e tante domande sul futuro, domande che nascondo una paura:  la morte e la responsabilità di darsi un ruolo.

L’editore Zoolibri  affronta - con molta poesia e delicatezza  - il tema dell’identità e del riconoscersi , con un libro:  “Mamma, chi sono io?” .
Mimì è la dolce protagonista, una bimba sensibile che, nel corso di una giornata, si osserva riflessa in molti oggetti: il cucchiaio della colazione, il vetro del forno dove cuociono i biscotti,  nella finestra mentre guarda le gocce di pioggia e sui rubinetti mentre gioca nella vasca da bagno.

Vedere quell’immagine sembra lasciarla nel dubbio: chi sarà mai questa bimba riflessa nello specchio?  forse una Mimì esploratrice? O Mimì cuoca? O Mimì scrittrice?
Mimì è stanca dopo tutto questo pensare e chiede alla mamma “chi è la bambina che vedo e che sogna insieme a me?” e, grazie alla mamma,  scoprirà di poter essere tutto ciò che desidera.

Questo post partecipa anche a La Biblioteca di Filippo
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...