Mentre l'Italia fa i conti con gli scranni di Camera, Senato e alcune Regioni, io preferisco parlare di uno degli ottimi film proposti ai miei bambini, proiettati in un piccolo cinema in 2D con ingresso a 4 euro che - se non sostenuto - rischia ogni anno la chiusura.
Oggi è la volta di Un mostro a Parigi, film finanziato dal regista francese Luc Besson che si è già divertito a produrre "Arthur la guerra dei due mondi".
Mettete un'atmosfera da Ville Lumiére, un vago richiamo al Fantasma dell'Opera e a quella storia - forse più d'una - in cui la Bella s'innamora della Bestia. Aggiungete una condidatura all'Oscar nella categoria film d'animazione e quel non so che francese.
Tutto questo è Un mostro a Parigi.
Due simpatici pasticcioni Emilie e Raoul - il primo proiezionista, l'altro fattorino e inventore in pectore - si trovano a dover consegnare un pacco nel giardino botanico dove un eccentrico scienziato si diletta in pozioni magiche con l'aiuto della scimmietta Charles.
I due, attratti dalla magia del luogo (e chi non lo sarebbe?) innescano una reazione involontaria tra un fertilizzante e una miscela in grado di agire sulle corde vocali dando vita ad una mostruosa creatura: una pulce con una voce celestiale.
La pulce - il Mostro - da ospite del pelo della scimmietta Charles si ritrova a vagare per Parigi e a seminare il panico. Terrorizzata si rifugia dietro le quinte del Club L'Oiseau Rare dove si esibisce la bellissima e sensibile Lucille.
Un film comico pensato principalmente per i bambini: mai una battuta fuori posto, termini inadatti o con doppi sensi ma capace di far sorridere anche gli adulti.
Tema centrale del film è la diversità e interessante è la scelta del regista di presentare i due punti di vista: quello di chi si spaventa incontrando il Mostro e la fragilità del Mostro stesso, a sua volta impaurito i in difficoltà a relazionarsi con gli altri.
I protagonisti riusciranno a trovare l’amore, l’amicizia e a scoprire che non è poi così mostro chi si presenta sotto quelle sembianze.
Il regista Bibo Bergeron racconta "Il mio desiderio era quello di raccontare il tema della paura dello straniero, qui incarnato da un mostro. Per conferirgli umanità [n.d.r al mostro] ho scelto un volto a forma di un cuore, in modo da rendere il mostro più romantico".
L'oscar per il miglior film d'animazione è stato attribuito a Ribelle, senza dubbio bello ma senza quell'aura di poesia di questo film che - a dispetto delle candidature - non ha vinto nulla.
Peccato. D'altra parte non sempre chi vince è il migliore.