sabato 27 settembre 2014

Closlieu. Come avviene.

Nel Closlieu tutto avviene in modo naturale. Non si fissano obiettivi da raggiungere, non si mettono in conflitto gli uni con gli altri e nessuno esprime giudizi.

Sai che è così fin dal primo giorno perché per tutti è cosi. Inizialmente potrebbe  sembrare strano perché non si è abituati a lasciar accadere il disegno, la Traccia, come la chiama Arno Stern.
Cos'è la Traccia? semplicemente il tratto, il disegno, il colore. Qualcosa che nasce da un bisogno interiore e si forma solo grazie al fatto che tutto avvenga spontaneamente.
Certo la Traccia è spontanea ma - se ci riflettiamo - non nasce comunque dal caso ma é il frutto dell'intenzione di chi la produce.

L'attività si svolge in una stanza di circa 5x4 mt con pareti rivestite interamente di pannelli isolanti, ricoperti di carta da pacco marrone. Un Closlieu vissuto avrà una carta da pacco interamente ricoperta di pennellate che, debordando dal foglio, colorano le pareti.


Al centro della stanza c' è la tavolozza, lunga 2 metri, con due file di fori rotondi per contenere una coppia di bicchieri, uno con l'acqua l'altro con il colore, 18 colori per l’esattezza: bianco, rosa, viola, azzurro, grigio, blu oltremare, verde scuro. verde chiaro, giallo-verde, giallo, ocra, beige, arancio, rosso cinabro, rosso carminio, marrone chiaro, marrone scuro e nero. Colori molto densi che asciugano rapidamente e che si sciolgono senza fatica, in modo da poter essere usati su una superficie in verticale .


Accanto alla coppia di bicchieri un supporto con tre pennelli, due identici, uno più grosso.  La nostra Praticien mi ha spiegato si tratta di pennelli particolari: assorbono molta acqua e molto colore e il fascio di peli è legato al manico con una ghiera di filo d’ottone che va costantemente controllata.

Quando si arriva è tutto già pronto, non resta che indossare il grembiule, prendere il proprio foglio bianco (70x50) e appoggiarlo alla parete, orizzontalmente o verticalmente, ma comunque sempre all’altezza degli occhi e ben diritto. Il praticien metterà le puntine per fissarlo alla parete.

Man mano che il disegno procede potrebbe essere necessario aggiungere altri fogli  – di fianco a sinistra o a destra, sopra , sotto – così come potrebbe servire una sfumatura diversa di colore che verrà preparata in una scodella a parte.



A disposizione ci sono dei cuscini per disegnare inginocchiati, uno sgabello per sedersi di tanto in tanto e una scala per dipingere i lavori più alti.

E’ consigliabile frequentare con regolarità, una volta a settimana, in modo da riuscire nel processo di ricondurci al proprio mondo interiore (attività che richiede tempo e pazienza).

Il gioco puo’ cominciare!  
Ho più volte citato il praticien. Chi è? E’ chi permette il gioco del dipingere,  avendo seguito una formazione specifica con Arno Stern è in grado di ritagliarsi all’interno del Closlieu solo un ruolo di servitore. Il praticien non è né un’insegnante, non trasmette conoscenza, neppure nel dipingere e non è un esperto:

Servire significa mettersi in ogni momento nei panni degli altri, di quelli che giocano nel Closlieu, in modo che niente li distragga dall’essenziale; evitare loro ogni fatica inutile e togliere loro ogni preoccupazione pratica. Questo insolito essere serviti piace ad ognuno, e non dà alcuna dipendenza. Il mio lavoro consiste nel rigenerare le facoltà creative, dando slancio ad ogni individuo affinché utilizzi le sue capacità e diventi autonomo.” (da Closlieu – Arno Stern)


Il praticien aiuta a cambiare il foglio, mette le puntine, sistema il colore che cola, ti porta lo sgabello o il cuscino. Insomma osserva e con grande sensibilità cerca di anticipare un bisogno per non distrarre dall’impulso creativo. Chi gioca nel Closlieu deve imparare e chiedere e a tessere una relazione di fiducia.

Mio figlio ha chiesto di riprendere Closlieu dopo una pausa di un paio di anni e, parlando con il fratello più piccolo, gli ha riferito “Vieni anche tu da Paola (N.d.R. la praticien), lì puoi disegnare quello che vuoi  e nessuno ti dice se è bello o brutto”.

Questo non deve far credere che closlieu significhi libertà assoluta. L’unica libertà accertata è quella d’espressione. Per il resto si esige il rispetto del lavoro altrui, è consentito chiacchierare ma si devono evitare giudizi, si aspetta il proprio turno e si usano pennelli e colori nel modo in cui il praticien ci ha insegnato.


Ultima nota: è consuetudine che i dipinti non escano dal Closlieu!

Le immagini pubblicate sono tratte da www.arnostern.com e www.closlieu.it

Closlieu. Cos'è?


Letteralmente e con la lettere minuscola: luogo chiuso, protetto (dal francese).
In arte e con la lettere maiuscola: solo Closlieu.


Ho incontrato il Closlieu come si incontrano le cose belle: per caso.
Ci portavo il mio primo bambino (ora ottenne innamorato di quest'attività) e, sempre per caso ma anche per bisogno, mi ritrovai anchio in quel luogo.
Muri completamente coperti da carta già segnata da tanti colori, un'infinita tavolozza di colori ognuno dei quali accompagnato da tre pennelli. Dal più grande al più piccolo.
Fogli bianchi e puntine, un praticien disponibile a applicare il foglio dove preferisci. Alto, basso, in verticale e orizzontale. Una panchetta per sederti, una scala per i disegni più in alto.
Nessuna indicazione, nessun giudizio. Solo tu e il foglio. E tutti quei colori.
All'inizio sembrano troppi.
Con il tempo, invece, non bastano più: cerchi quella nuance particolare che si forma unendo due, tre, quattro colori; il praticien ti prepara a parte il tuo colore.

Non è facile ritornare alla traccia, il segno che da piccoli ovunque si tracciava, bastava un muro e non serviva un'idea. Ci vuole pazienza e un ambiente tranquillo per ritrovare il piacere di disegnare e basta, senza copiare, senza aspettarsi un complimento o sentirsi in dovere di spiegare di che si tratta.

Quante volte ai bimbi impegnati con cerchi e righe si chiede "cos'è?",  ma che volete che ne sappia! quando risponde, riferisce - molto probabilmente - la prima cosa che gli viene in mente. Un bambino disegna per istinto, per necessità: anche quando la carta e i pennelli erano un lusso, disegnavano per terra, con i gessetti o con i sassi appuntiti.

Consentire ad un bambino di esprimersi liberamente significa regalargli un atto d'amore. Ti accolgo per quello che sei, ti offro uno spazio in cui sentirti libero di essere te stesso.

Oggi questa libertà è negata ai bambini già piccolissimi, i nostri ritmi di vita li obbligano a frequentare scuole e asili dove non sempre il bambino è al centro dell'attività ma è l'attività stessa ad essere al centro. Difficilmente le inclinazioni personali e i propri sentimenti possono emergere, anzi si frappongono barriere tra come sei e come devi essere e, per consentire un lineare andamento del gruppo classe, ciascuno deve cercare di adattarsi.

Eccoti quindi nel Closlieu. Tu, un bambino di questa società, che ha accumulato numerose e spettacolari esperienze. Eccoti fra queste quattro pareti, davanti a questa tavolozza. Qui nulla ti viene incontro. Questa "cella" ti isola dal mondo delle proposte e delle sollecitazioni, ti esclude da tutto ciò che la civitlà ha preparato per il nostro consumo. 
La definizione di "cella" per la verità è un termine improprio, perchè tu qua non sei solo. E questo è fondamentale. 
In questo spazio, ci sono circa dodici persone per le quali tu non sei un intruso, bensì un nuovo compagno. 
Hai già vissuto quelle che si definiscono "esperienze sociali" [....] . Queste esperienze ti hanno "armato" per la vita. [....]. 
Hai imparato a difenderti, a sottoporti alle leggi della collettività. Soprattutto hai imparato gli effetti del mettersi in competizione.
Nel Closlieu gli altri non sono tuoi concorrenti ma non formano nemmeno un clan.

da "Felice come un bambino che dipinge" di Arno Stern e Peter Lindberg, Armando edizioni.

I figli che bella fatica! Grazia Honneger Fresco - Ed. dell'Asino


I figli, che bella fatica!  è il titolo di un'interessante lettura condivisa con il marito che mi ha ispirato per questo post (scriverò in corsivo i riferimenti al libro).

Il libro propone uno stile di vita, una linea educativa e vale una lettura condivisa in famiglia.

Ho letto questo libro per approfondire la passione sulle pedagogie "altre":l'autrice - Grazia Honneger Fresco - è stata l'ultima allieva di Maria Montessori, ne è decisamente l'erede naturale nonchè una tra le più autorevoli autrici di testi pedagogici. E' stata per anni direttrice del Centro Nascita Montessori  a cui rimando per la bibliografia e la biografia complete.

L'ho apprezzato molto, tant'è che,  essendo io una lettrice seriale, ho già altri titoli nella mia wish list  della stessa autrice e ho spinto mio marito a leggerlo. Un po' come dire "io non riesco a farti capire cosa voglio per i nostri figli, leggi chi sembra aver scritto per me".

E' un libro attuale perchè pone in rilievo la difficoltà di crescere i bambini in una società fortemente multimediale, con famiglie condizionate e spinte - a loro insaputa - al consumo e all'acquisto acritico e mette in rilievo anche le difficoltà della scuola ma, più ancora, la crisi di tutti i sistemi della società.

Il libro è diviso in tre parti: Gli affascinanti primi anni, In cammino verso il vasto mondo, Crescere con i figli che crescono e ciascuna affronta con semplicità ma autorevolezza i vari momenti della vita con i figli.

Io mi sono annotata gli aspetti che sento più vicini a me:

si sente spesso dire che l'istinto materno non sia innato ma come non considerare i nove (ma anche 7) mesi di "pancione",  tecnicamente endogestazione, in cui donna e feto sono direttamente in contatto e i mesi successivi la nascita in cui il bambino, limitato nei movimenti, dipende totalmente dalla mamma?
Non a caso quest'ultimo periodo è chiamato gestazione esterna, esogestazione, e sembra durare circa ancora 9 mesi.

Purtroppo la gravidanza e il parto si vivono come anestetizzati: visite, ecografie con video annesso, esami per la risposta a tutti i dubbi, spesso cesareo programmato, il pediatra migliore e, in caso di dubbi, c'è lo psicologo o il neuropsichiatra. Si cerca la risposta dell'esperto per ogni dubbio e non si ha fiducia del proprio istinto. La futura o neo mamma ha soprattutto bisogno di sentirsi ascoltata e rassicurata riguardo i dubbi e i sentimenti contrastanti; a qualsiasi bambino gioverebbe una mamma che ha imparato a mettersi in ascolto dei ritmi del bambino e ha fatto pace con l'altra immagine di se', quella di lavoratrice, magari mondana, sempre inappuntabile, puntuale e con molta energia. Una mamma è spesso spettinata, si è vestita in cinque minuti, non porta più il tacco 12. Non per questo è meno donna, ma spesso non lo sa.

Dopo la nascita la madre subisce la solitudine tipica della vita moderna e la stanchezza dovuta alla mancanza di aiuti. "Le donne spesso si ritrovano sole a fare le madri e al tempo stesso a lavorare come esige il mondo maschile. Davvero un bel peso" e' quanto mai vero.

Il lavoro è un ostacolo alla scelta di stare con i figli ma ridurre il tempo dedicato al lavoro non è rinunciare al mondo esterno ma vivere appieno il ruolo di madre.
Io ho ancora impressa un'immagine:  il rientro dal lavoro delle vicine di casa che avevano affidato i bambini alle nonne. Io trascorrevo i pomeriggi con i miei bambini - e quelle nonne - in giardino e a fine giornata ero stanca, sporca e consapevole di ancora molte ore di "lavoro" (cena e
nanna non si liquidano in pochi minuti!!) mentre loro tornavano, mise perfetta e atteggiamento tipico di chi è molto preso, non ha tempo. Io mi sentivo inutile e sciocca ad occuparmi, sola, dei miei figli.
Ancora non so se la mia sia stata la scelta giusta.

I capricci irritano quando non c'è una spiegazione plausibile, ad esempio hai fame, hai sonno, stai male così come m'infastidiscono le manifestazioni dei piccoli dittatori di 2/3 anni ma anche 4. Solo se riesco a non farmi prendere dallo scoramento riesco a distinguerli come "segnali di autodifesa....respingere i cambiamenti su di sè e intorno a sè".  A mie spese ho imparato quanto i bambini non verbalizzino il malessere e anche un cambiamento di orario nella giornata o una maestra nuova, possa  renderli intrattabili.
Fermezza, ascolto e autocontrollo sarebbero le risposte adeguate alla situazione. Risposte di una mamma a sua volta compresa e non giudicata se mostra segni di fastidio per i propri figli.



Il gioco è un argomento molto trattato nel libro. L'autrice spinge ad osservare il bambino e a consentirgli di utilizzare mani e gambe poichè nessuna azione, nessun movimento sono inutili, anzi  propedeutici all'esperienza e all'apprendimento. Lo stimolo, inteso come dirigere i suoi interessi in modo astratto e senza badare alle inclinazioni personali è un errore:  "ecco un verbo aggressivo che contiene il concetto di bambino vuoto che si anima solo quando l’adulto lo dirige, gli insegna, gli fa fare questo o quello".  Tutti i bambini sono curiosi verso il mondo e sperimentano volentieri nuove attività ma non per mostrare ai genitori un bel disegno, una medaglia o per diventare bravi in qualcosa. Solo per provare piacere, come ritengo tanti adulti dovrebbero re-imparare a fare!

Io dico no a TV,  computer e videogiochi. So che è faticoso gestire le giornate con i bambini ma non è difficile, valide alternative esistono: si puo' aprire casa agli amichetti, fare una banale passeggiata, lasciarli disegnare o manipolare liberamente, offrire giochi scelti insieme oppure cercare cosa offre il territorio, poco lontano da casa ci sono sempre iniziative (un piccolo museo, un spettacolo teatrale, un film). 
Non intendo discriminare totalmente la Tv o i video giochi (che continuiamo a non avere, pero') ma ritengo si debbano da subito dosare attentamente e evitare di credere (come molte mamme riferiscono) aiutino la concentrazione o sviluppino capacità nei bambini.

Questo libro mi assolve anche riguardo la mia idea sulle feste di compleanno: perchè non optare per "la crostata della nonna e qualche piccolo dono...anzichè luoghi imbastiti per far soldi".  In prima elementare mio figlio ha desiderato una festa di compleanno con i compagni. Abbiamo acconsentito ma  scelto un luogo anonimo in cui si è organizzata una caccia al tesoro, spiegando che in questo modo avrebbe non solo giocato ma condiviso il gioco con i compagni. Un successo! I regali erano tanti ma abbiamo diretto l'attenzione solo su alcuni e messo da parte gli altri per farglieli scoprire e assaporare in altri momenti.

GUARDIAMOCI NEGLI OCCHI - Bruno Munari Corraini Editore



Questo non è solo un libro, piuttosto mi piace definirlo libro d’artista.
E non solo per la mano e la mente di Bruno Munari che l’ha ideato ma perchè – a differenza di un qualsiasi altro albo illustrato – l’artista è intervenuto in tutte le fasi di lavorazione: dalla scelta dei materiali da utilizzare, il formato, il tipo di impaginazione, la rilegatura, concedendosi una totale libertà creativa.
Il libro, fra le opere di maggior rilievo di Munari, fu realizzato nel 1969 come regalo e solo tempo dopo è diventato un divertente gioco per i bambini che possono, mescolando ed usando le varie schede colorate, interpretare personaggi diversi.
C’è veramente poco da aggiungere, bisogna prenderlo, aprirlo e giocarci. I bambini, con qualche suggerimento, sapranno sicuramente inventarsi un modo per utilizzare tutte le 25 schede colorate.
Distribuite le facce colorate su un tavolo, voi adulti non saprete cosa fare ma i bambini sì.









“(…) nella realtà, tutti quelli che hanno la stessa apertura visiva e vedono il mondo nello stesso modo, non hanno osservazioni diverse da comunicarsi. Solo chi ha una apertura visiva diversa vede il mondo in un altro modo e può dare al prossimo una informazione tale da allargargli il suo campo visivo. Mescolate quindi i disegni, cambiate i colori degli occhi, abituiamoci a guardare il mondo con gli occhi degli altri.”

(n.d.r. tratto dal libro Guardiamoci negli occhi di Bruno Munari )

venerdì 19 settembre 2014

E' mio - Leo Lionni. Ed. FATATRAC




immagine da www.fashion-press.net
Leo Lionni è un noto autore di tantissimi titoli di libri per bambini – chi non conosce  Piccolo blu e piccolo giallo? – nonchè un artista pluripremiato. Nasce in Olanda nel 1910 da un intagliatore di diamanti e una cantante lirica, fin da bambino conosce il mondo dell’arte con gli zii collezionisti d’arte moderna e architetti. 
La vita di Lionni trascorrerà fra gli Stati Uniti e l’Italia dove, scoperto da Marinetti, parteciperà  al movimento futurista.


Il successo dei suoi libri per bambini si riassume nella capacità di rivolgersi proprio ai suoi lettori: Lionni sembra capace di comprendere il pensiero dei più piccoli e nei suoi testi sceglie toni e parole per rivolgersi  proprio solo a loro; non introduce una morale esplicita ma offre un'immagine e una realtà di valori positivi. L'adulto puo' limitarsi a prestare la voce, il resto viene da sè.

Poesia e creatività sembra essere la formula individuata per parlare direttamente ai bambini. 

Il lungo periodo di attività nel mondo della grafica e del design gli consente peraltro di non trascurare l’accuratezza dei disegni, la scelta dei soggetti - sempre animali -  e un perfetta sintonia dei colori.


E' mio! forse non è tra i libri più noti ma vale la pena proporne una lettura oppure – per chi già legge in autonomia – lasciarlo a disposizione dei più piccoli, liberi di sfogliarlo. 


Come suggerisce il titolo il tema proposto da Lionni è il senso del possesso e della proprietà e tutti noi sappiamo essere un passaggio obbligatorio nei bambini che non sempre si esaurisce in età prescolare!



La storia racconta di  tre rane litigiose e birichine, tre fratelli Piero, Gianni e Lidia impegnati continuamente a discutere, tant’è che qualsiasi pretesto diventa buono per azzuffarsi:  

"L'aria è mia" urlava Lidia, mentre saltava in giro a caccia di farfalle, "L'acqua è mia!" gridava Gianni, "Via dall'isola", gridava Piero "La terra è mia!".


Finchè un rospo che abitava dall’altra parte dell’isola li apostrofò “Smettetela, o ve ne pentirete!”. E quando madre natura scatenò la burrasca…....le tre rane furono costrette a ripararsi sull’unica roccia non sommersa dall’acqua “si tennero vicine, vicine, e così abbracciate, accomunate dalle stesse paure e dalle stesse speranze si sentirono più tranquille”.



Passata la burrasca tornarono a giocare serene, non si erano mai sentite così felici: "Che pace" gridò Gianni,  “Che bellezza” disse Piero, “E sai che cosa?” disse Lidia "il bello è che tutto questo... E' NOSTRO!".



In men che non si dica impararono il valore della solidarietà e del rispetto.


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