Un paio di mesi fa sono stata alla presentazione di questo libro, non conoscevo l'autrice: era una sera "libera" e mi sono seduta ad ascoltare. E' stato un incontro piacevole, le parole del libro intercalate dalla musica di una brava artista. E così ho letto il libro e presto leggero' anche il precedente.
Se chiedi al vento di restare è un libro che non avrebbe
bisogno di altre parole oltre a quelle perfettamente dosate, ordinate,
calibrate della storia.
Basterebbero alcuni semplici aggettivi: bellissimo,
essenziale, onirico.
Alla sua seconda pubblicazione – Della vita di Alfredo è il
primo libro pubblicato – Paola Cereda già manifesta una scrittura sapiente, frutto di un
evidente lavoro di ricerca e sperimentazione.
La storia non è banale, i personaggi sono perfettamente
tratteggiati, la descrizione dei luoghi e dei fatti narrati è essenziale ma
sufficiente per imprimerci quasi una fotografia
mentale.
Poche parole per la trama: in un’isola in mezzo al
Mediterraneo – la più distante e senza nome
- dove la vita degli isolani si muove intorno al carcere “il Monte”, una
vita abitudinaria nel rispetto delle tradizioni, delle consuetudini e delle
credenze. Lì nasce Agata. Non c’è
malocchio peggiore del sangue che porta via sangue – la mamma muore di
parto – e con questo sottointeso cresce senza mai lasciare l’isola. Il suo nome
significa “buona, virtuosa” ma la scelta ricade sul nome per ben altri motivi. Affidata
ad un’amorevole balia, torna dal padre chiuso, incapace di emozioni e facile
allo schiaffo e dalla zia bigotta che non ha risposte per lei; nonostante la grettezza di chi la circonda,
Agata riesce a trovare la sua strada: saranno la scoperta di avere un dono,
prepara involontariamente una meravigliosa salsa, e l’incontro con lo
stravagante circense Dimitri a darle la forza di fronteggiare l’inquietudine di
voler sapere da chi è nata e di accogliere la figlia Isolina.
L’autrice, Paola Cereda, racconta del circo come se lo
avesse vissuto, tiene lontani gli stereotipi e ci restituisce la parte più
convincente, quella umana; Agata, la protagonista, si lascia raccontare: un
misto di fermezza e docilità, a metà strada tra l’ingenuità e la provocazione.
Agata vive ma non si conosce, le mancano dei frammenti della sua vita e solo il
dolore farà riaffiorare i ricordi “io me
la immagino nera. Una madonna scura, con una cintura in vita [.....]. Ai suoi
tempi le cinture non erano ancora di moda e lei già le indossava. [....]. Di
nascosto mia madre continuava a cucinare. Affettava, mischiava, girava e
ripeteva la storia della zuppa perchè anchio, nella pancia, la potessi imparare".
Isola, la figlia silenziosa e profetica e Dimitru,
l’addestratore che parla ai cavalli, sono i satelliti della protagonista, di
passaggio per consentirle di scoprire che
le lacrime hanno il gusto del mare. Piansi per Isola, per me, per le lacrime
che non avevo mai dato.
Un vestito azzurro con le bordature fatte a mano e il collo
tondo, una salsa inimitabile e un paio di scarpe
rosse sono l’essenza di questo romanzo.
rosse sono l’essenza di questo romanzo.
Certo Agata, le belle
storie sono quelle che fanno bene.
E questa va veramente bene perchè, in fondo, racconta un po’
della ricerca interiore di ognuno di noi.
Questo post partecipa al VdL di Homemademamma.
Ciao, non conoscevo quest'autrice e da come descrivi il libro, sembra una storia molto delicata e anche un pò curiosa. Un bel suggerimento, grazie!
RispondiEliminaColgo il tuo suggerimento al volo e lo inserisco nella mia lista di libri da leggere. Grazie e complimenti per il blog, ma soprattutto per il tuo bellissimo caos!
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